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La Parrocchiale di Sant'Ambrogio (Treville, AL)



La Parrocchiale di Sant'Ambrogio (tratto da G. Spina)

La Parrocchiale di Sant'Ambrogio (Treville, AL)


A partire dal 1766 la Comunità di Treville si trovò di fronte all'alternativa di dover provvedere con sollecitudine o ad una radicale opera di restauro o all'abbattimento e successiva costruzione, ex-novo, della parrocchiale. Sebbene provvista di scarse risorse economiche, la popolazione non esitò a sottoporsi al grave sacrificio di un'ulteriore tassa necessaria a far fronte all'impegnativa impresa.

Il Vescovo Avogadro, nella sua visita del 24 agosto 1765, rilevate le cattive condizioni del sacro edificio e la sua eccessiva angustia, con termini piuttosto duri, aveva esortato i maggiorenti a provvedere in qualche modo.

Dal canto loro, gli amministratori, ben consci della realtà di una situazione ormai drammatica, istituirono una specifica tassa che rese, nel 1766, lire 200, 100 l'anno successivo e 200 nel 1768.

In data 30 agosto 1768 così viene scritto nel libro dei verbali delle riunioni consiliari: «Al qual Consiglio viene esposto dal Sindaco Sig. Giovanni Domenico Ghione, siccome è stato avvertito che il tetto della chiesa parrocchiale di questo luogo minaccia rovina per causa de legnami vechj tarlati come altresì quantità de coppi rotti e spezzati per causa de geli, così che in tempo di pioggia si vede venir l'acqua sulla volta della medesima penetrando persino nella Chiesa in grave pregiudicio degli ornamenti; così è fatto visitare il tetto sudetto per mezzo del Capo Mastro Pietro Cassina richiesto da detto sindaco, e dopo diligente visita ha riferito e riferisce essere necessaria la riparazione del tetto sudetto avendo giudicato la spesa a tal restaurazione colla previsione di 500 coppi, e legnami e maestranza ascendere a lire 40 piemontesi». Qualcuno (forse lo stesso marchese Giacomo Bartolomeo Gozani), però, dovette far notare l'assoluta inutilità di quel semplice intervento di ricopertura del tetto, perchè era l'intera struttura muraria dell'edificio che suscitava le più vive apprensioni. Bisognava, dunque, intervenire in maniera radicale: radere al suolo la vecchia chiesa e procedere alla costruzione di una chiesa più vasta e più bella, tale da stagliarsi alta ed imponente nel bel cielo monferrino.

Il 4 aprile 1769, essendo consoli Giovanni Domenico Ghione e Carlo Balbo, venne approvato il seguente documento:

«Ordinato per devenire alla Costruzione d'una nova Chiesa parochiale da presentarsi a Mons. Ill.mo e Rev.mo Giuseppe Luigi Avogadro, vescovo di Casale per la permissione... Convocato e congregato il Consiglio di questo Luogo previa licenza verbale avuta dal Sig. Notaio Giacinto Bezzo, Podestà di questo Luogo, cittazione delli uomini del Consiglio per mezzo del serviente Giuseppe Viola e suono della Campana maggiore secondo il costume... Al qual Consiglio viene esposto dal Sindaco Bartolomeo Fasano ritrovarsi la chiesa parochiale di questo Luogo totalmente indecente al Culto Divino per essere antica e minacciante rovina da ogni parte, restando inutile ogni restaurazione che far si volesse intorno alla medesima e così frustranea anche ogni spesa, tanto più che Mons. Ill.mo e Rev.mo Giuseppe Luigi Avogadro, zelantissimo vescovo e pastore della Città di Casale in occasione che si portò in questo Luogo a fare la sua Pastoral visita, che segguì sotto li 24 agosto 1765, si compiacque di Decretare che si devenga alla Rinovazione di detta parochiale, come a tal effetto si è di già fatto formare il Disegno, o sia tipo per la rinovazione sudetta ne restandovi altro che di devenire alla deliberazione per avere raccorso al Mons. Ill.mo e Rev.mo ad effetto permetta l'atterramento della presente chiesa parochiale e permissione di costruerne altra nova, tanto espone al fine si proveda... deputando per tal racorso Bartolomeo Fasano unitamente al sottoscritto Segretaro...».

Circa due mesi dopo, il 30 maggio, l'Amministrazione, ottenuto dal Vescovo il permesso per l'atterramento della vecchia chiesa, delibera, secondo la prassi, di richiedere l'autorizzazione da parte dell'Intendente Generale del Governo sia per la demolizione sia per l'indispensabile imposizione di imposte destinate a fornire alla cassa comunale la somma di lire 500 per un numero indeterminato di anni «potendosi sperare che gionti li sussidij delle persone caritatevoli hanno somministrato e sono per somministrare piante per fare fornaci edil concorso delle condotte ed opere da somministrarsi da tutti li particolari del luogo e territorio massime nei giorni festivi colla licenza di detto Monsignor Vescovo...».

DE GIOANNI o MAGNOCAVALLO?

Intorno al 1877, Giuseppe Niccolini, nel suo libro-diario «A zonzo per il Monferrato», opera preziosa e sovente divertente, scriveva: «Mia prima cura fu di recarmi sul sagrato dell'alta chiesa parrocchiale (Sant'Ambrogio) che il conte Magnocavallo disegnava...». Affermazione recisa in quanto, nel secolo scorso e nella prima metà del presente, tale attribuzione veniva data per sicura dall' Annuario della Diocesi e dalla “VOX populi”.

Ma Vittorio Tornielli «Architettura di otto secoli del Monferrato», Casale, 1963) già non elenca più la nostra tra le chiese ritenute opera del conte Francesco Ottavio Magnocavallo (1707-1788) ed a una simile conclusione giunsero, nel 1977, Antonietta Rosso e Ivo Maestri, nella loro tesi di laurea «L'opera dell'architetto Magnocavallo in Piemonte», anche se ammettono l'esistenza di alcune analogie stilistiche con le realizzazioni di attribuzione certa.

Ma gli atti conservati nell'Archivio comunale non lasciano adito ad alcun dubbio: i disegni della chiesa furono elaborati dall'ingegnere Evasio Andrea De Gioanni (delibera del 24 luglio 1771 e libro rendiconto delle spese sostenute per la costruzione della chiesa), serio professionista in qualche modo vicino al Magnocavallo e, forse, addirittura un fedele esecutore delle direttive del Maestro.


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