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San Giacomo e le Confraternite

San Giacomo e le Confraternite


(testo tratto da G. Spina, 1994)

L'edificio, di modeste pretese architettoniche, è stato recentemente sottoposto a notevoli interventi di manutenzione straordinaria.

È situata all'imbocco occidentale della via principale che, salendo dalla strada di Circonvallazione, conduce al municipio. Tale posizione potrebbe far pensare che, in origine, si trattasse di una «chiesa di guardia», cioè cappelle o edicole situate presso una porta della città o del paese.

Nel 1590 si raccomanda che «...la Chiesiola sotto il titolo di S.to Giacomo si tenga serrata et ristorata e dalla Comunità imbiancata e provista decentemente et questo fra il termine di sei mesi altrimente sia destrutta et applicata la materia...» alla costruzione della casa parrocchiale.

Nel 1725 viene descritta come «non più larga di un trabuco» (il trabucco piemontese misurava metri 3,086) «essendo poco più di longhezza con Fabrica competente in Volta, pavimento unito, facciata verso strada, porta..., due Fenestre laterali con ferrata...».

Si accenna ad un quadro (qualificato «buono») raffigurante S. Giacomo ed a svariati arredi religiosi. «Si canta messa nel giorno della Festa e nel giorno di S. Bovo» (S. Bovo o Bovone, santo invocato contro le epidemie del bestiame).

Nel 1830 la chiesetta viene usata come sede della Confraternita del SS. Sacramento. A quel tempo vi si celebravano tre messe nel corso dell’'anno.

Dal 2002 la chiesetta di San Giacomo è sede di mostre d'arte d'Autore (vedi pagina dedicata).

Per molti secoli, in pratica sin da quando esistette un primo agglomerato di abitazioni, i due cardini su cui si resse e intorno a cui ruotò la vita quotidiana dei trevillesi furono il lavoro e la chiesa.

Ben poco restava al di fuori giacché tutto, tempo ed energie, veniva assorbito dall'impellente necessità di procacciare, a sé e alla famiglia, il necessario per sopravvivere e per pagare le molteplici imposte e tasse. La pratica religiosa rappresentava l'altra faccia dell'esistenza: la spiritualità e la speranza, ma anche la socialità e, persino, il lato estetico della vita: canto, rappresentazione, sentimento, pompa, diversivo. Gli uomini per i quali, almeno sino al 1782 epoca della consacrazione della nuova chiesa parrocchiale, era persino difficoltoso trovar posto nella chiesa, troppo angusta per contenere, nelle festività, tutta la popolazione, trovarono nelle Compagnie (Confraternite) l'occasione per riunirsi ed esplicare un'attività dalle varie sfaccettature: devozione, iniziative di carità, organizzazione di pubbliche manifestazioni religiose, partecipazione alle spese per la manutenzione degli edifici religiosi e per l'acquisto di arredi sacri.

In alcuni documenti del 1500, ad esempio, si accenna all'incarico, affidato ai confratelli della Compagnia del SS. Sacramento, di accompagnare il pievano dalla chiesa alla casa degli ammalati gravissimi per la somministrazione dell'Estrema Unzione.

Anche i funerali fornivano alle Compagnie l'occasione, retribuita, a dir la verità, per svolgere una funzione di tipo comunitario. Ogni Confraternita era retta da un Priore a cui erano affidati incarichi gravosi, per quanto prestigiosi: l'amministrazione dei beni di proprietà della Compagnia (per lo più lasciti ereditari), la presidenza delle riunioni, il mantenimento dei rapporti con le autorità ecclesiastiche e comunali, la conservazione dei registri e delle chiavi delle cappelle.

Da un documento conservato nell'Archivio Vescovile di Casale veniamo a sapere che, nel 1874, le Confraternite erano ancora le seguenti cinque: del SS. Sacramento, dello Spirito Santo, del SS. Rosario, del SS Crocifisso e del Suffragio.

In realtà la più importante e la più ricca era quella del SS. Sacramento che, come si legge nella relazione del parroco del 1832, soleva riunirsi nella chiesetta di S. Giacomo.

Tra i privilegi riservati ai membri delle Compagnie (rivestiti della caratteristica cappa bianca, erano detti i «batù») uno dei più onorevoli e invidiati era quello di venir sepolti nel casellario loro riservato, situato a sinistra immediatamente dopo il cancello d'ingresso del reparto più antico del camposanto.

Ultimo dei «batù» è stato Mario Rossi, detto Marchin, nato nel 1904 e morto nel 1990.

L'organizzazione e la partecipazione alle processioni rientrava, com'è logico, tra i più impegnativi compiti delle confraternite. Nella relazione del parroco, del 1765, si accenna alle feste solenni nel giorno di S. Ambrogio, di S. Quirico, dei SS. martiri Tiberio e Costanzo, di S. Bovo e S.ta Petronilla, legata ad uno specifico voto della Comunità. Così scrisse il parroco: «Solo si fanno le Processioni ordinate dalla S.ta Madre Chiesa universalmente. Quella del SS. Sacramento, precedendo la croce per gli uomini... poi quella delle donne secondo la loro anzianità, e poi quella dei confratelli del Corpus Domini, con cappa bianca, similmente nelle terze Domeniche portando li confratelli con cera accesa e le torcie avanti, e ai lati del Baldacchino, e tutto a spesa della detta Compagnia».

Con minime variazioni vengono, nella relazione del 1832, riportate le stesse indicazioni. Di rilievo l'accenno alla non precedentemente citata processione delle Rogazioni, momento molto sentito da una popolazione rurale. Consuetudine durata sino al 1960.

Nell'Archivio Storico Comunale è conservata trascrizione eseguita dal Parroco di Treville il 26 giugno 1930, dell'Ordinamento della Compagnia del S.S. Sacramento (vedi documento in formato pdf, 967 kb; ricerca A.Frixa) del 18 febbraio 1835


Documenti allegati:
Ordinamento della Compagnia del S.S. Sacramento Ordinamento della Compagnia del S.S. Sacramento (967,25 KB)


Video San Giacomo e i Batù (A. Frixa-M. Santagata) Video San Giacomo e i Batù (A. Frixa-M. Santagata) (14,14 MB)